domenica 30 gennaio 2011

PRESENTAZIONE CANDIDATI

lettera di U.Eco a Tremonti su "Repubblica" - CULTURA

Gentile ministro Tremonti, scrivo a Lei perché qualcuno, probabilmente uno sciocco e un suo nemico, le ha attribuito la frase che la cultura non si mangia, o qualcosa di simile. Non mi risulta che Lei, a salvaguardia della Sua reputazione, abbia energicamente smentito, e quindi dovrà portarsi dietro questa leggenda metropolitana sinché vive. Anticipiamo il testo di Umberto Eco “Non si mangia con l´anoressia culturale” tratto dal nuovo numero della rivista “Alfabeta2″ da oggi in edicola

Si figuri che io mi trascino dietro la diceria che scrivevo le domande per Lascia o Raddoppia, e benché chi le scriveva davvero abbia a suo tempo pubblicamente smentito; ma tant´è, ritrovo questa notizia ora qui ora là, e pazienza, perché al postutto, non c´era nulla di vergognoso a inventare la domanda sul controfagotto o quella sull´uccello sul quale, a detta di Mike Bongiorno, era caduta la signora Longari. Ma cadere sulla cultura è disdicevole.

E quindi indirizzo questa lettera a Lei e, se Ella è vergine di tanto oltraggio, la passi a chi di competenza – e amici come prima.

Una sola cosa voglio precisare. Fingendo che l´autore dell´infausta boutade sia stato Lei, parlerò non come si parla a un poeta ma come si parla a un economista, o addirittura a un diplomato in Scienze economiche e commerciali. Parlerò cioè in termini di Soldi, non di Valori spirituali. Farò finta che Dante e l´università, Raffaello e il liceo classico e scientifico, Morandi e Calvino, siano solo una pania per i gonzi (mi pare che lei a proposito degli insegnamenti umanistici abbia parlato un giorno di aria fritta). Non importa, mi chiederò solo quanto si mangia con Raffaello e Giuseppe Verdi.

Dobbiamo ovviamente chiarire, se vogliamo parlare in termini economici di «consumi culturali», cosa si intende per «cultura»; e non mi occuperò dell´«accezione antropologica» del termine (cultura come insieme di valori e comportamenti) per cui esiste una cultura del cannibalismo, una cultura mafiosa, o una cultura del velinismo berlusconiano. Parlerò di cultura nei termini più banali, come di produzione creativa (pittura e letteratura, musica e architettura), di consumo di questa produzione, di organizzazione dell´educazione (scuole di ogni grado) e di ricerca scientifica.

In termini economici il Louvre, il Metropolitan Museum of Art, la Harvard University (e tra poco quella di Pechino) sono imprese che fanno un sacco di soldi. Credo che, bene amministrati come sono, facciano un sacco di soldi anche i musei vaticani. Un sacco di soldi potrebbero fare anche gli Uffizi o Pompei, e sempre mi domando come mai l´Italia, di cui si dice che abbia circa il 50% delle opere d´arte esistenti al mondo (per non dire del paesaggio, che non è male), abbia meno indotto turistico della Francia o della Spagna, e naturalmente di New York. C´è qualcosa che non funziona, qualcuno che non sa come far soldi (e mangiare) con la cultura nazionale.

New York non è la città dove si fa la politica degli Stati Uniti (quella è Washington), non è la città o lo Stato dove risiedono le maggiori industrie della nazione (è niente rispetto al Texas o alla stessa California); eppure quando si parla degli Stati Uniti (e quando i turisti acquistano pacchetti per voli charter e sette giorni allo Hilton) si pensa a New York. Perché il prestigio di New York è dato dai suoi scrittori, dai suoi musei, dalla sua moda e dalla sua pubblicità, dai suoi quotidiani e riviste, dalla gente che va al Carnegie Hall o ai teatri off Broadway, per cui farà sempre più opinione nel mondo il New York Times che l´ottimo e rispettabilissimo Los Angeles Times. Si badi che così non la pensa la maggioranza degli americani, che ritengono New York una Babilonia fatta di italiani, ebrei e irlandesi, ma così pensa il resto del mondo e il prestigio degli Usa si basa sulla cultura newyorkese.

L´esercito degli Stati Uniti (sempre vincitore nei film di Hollywood) non sbaraglia il nemico in Vietnam, in Afghanistan, in Irak, ma gli Usa vincono (in prestigio ) a New York. Sì, lo so, poi c´è il resto dell´economia che tiene nei vari Stati, ma suppongo che anche quando l´economia cinese avrà sconfitto quella americana i cinesi si rivolgeranno ancora al mito di New York. Con la cultura gli Usa mangiano.

Pensi a cosa è successo con Cesare Battisti. Un manipolo di intellettuali francesi (non tutti dei più grandi) ha deciso di difendere Battisti come una vittima della dittatura, manifestando completa ignoranza delle cose italiane e considerando, come accade talora ai peggiori dei nostri cugini d´Oltralpe, il resto del mondo come repubbliche delle banane. Bene, questo esiguo manipolo d´intellettuali ha convinto il governo brasiliano là dove il governo italiano non c´è riuscito. Sarebbe accaduto lo stesso se al governo ci fossero stati, che so, Andreotti o Craxi? Non so, sta di fatto che il mito dell´intellighenzia francese ha vinto su quello della cultura delle veline (e mi spiace, per una volta tanto ero solidale col governo in carica perché rappresenta pur sempre il nostro paese e deve difendere, almeno all´estero, la dignità di quella magistratura che sputtana in patria).

Insomma, anche in termini monetari e di influenza politica (non calcolo neppure il peso di dieci premi Nobel), con la cultura si mangia. So benissimo che non abbiamo soldi per sostenere università come Harvard, musei come il MoMA o il Louvre, però basterebbe cercare, e ferocemente, di non buttare via il poco che abbiamo.

Certo che, se in quel poco non ci crediamo, abbiamo perso in partenza. Non si mangia con l´anoressia culturale.

La Repubblica 28.01.11

sabato 29 gennaio 2011

MUSICA


LA MUSICA...TESORO INESTIMABILE DI UNA CITTA'
Sarebbe superfluo ripercorrere tutto quello che la citta' di Trieste ha regalato in termini di cultura musicale (passando per grandi Sovrintendenti come Antonicelli o Direttori Artistici come il compianto barone De Banfield), essendo stata l' epicentro di quel sapore mitteleuropeo che intrecciava le proprie radici con la tradizione secolare italiana. Parlare di musica all'interno del capillare macrocosmo denominato politicamente “spettacolo” in ambito nazionale, e' necessariamente legato ai tagli governativi al FUS (Fondo Unitario Spettacolo), ma in questo come in altri casi della vita, dovrebbe far scattare l'istinto piu' primordiale di sopravvivenza trovando la chiave di volta per risollevarsi, sintetizzabile in un concetto-parola: creativita'.

Vediamo nello specifico alcuni aspetti, prima come accettazione di uno stato di fatto incontrovertibile, poi nella possibile soluzione al problema:

1) Stagioni teatrali esclusivamente monopolizzate da agenzie che inevitabilmente finiscono per speculare attraverso i proprio assistiti, incrementando il costo delle stesse.
SOLUZIONE: 1 o 2 produzioni annue con attori protagonisti (personaggi, regia, scenografi) scelti attraverso casting o concorsi ad hoc, generando cosi' vantaggi di due tipi: stimolo per giovani ambiziosi artisti e un risparmio sui costi considerevole

2) Spingere per co-produzioni con citta' d'arte vicine, per esempio con La Fenice di Venezia, ma gestendo in maniera piu' oculata la cadenza e il luogo delle stesse. Se ad oggi si parla, sempre ipoteticamente, fra aprile e maggio, 2 produzioni a Trieste con 8/9 repliche e 2 produzioni a Venezia con 8/9 repliche...
SOLUZIONE: 1 produzione con 8/9 repliche a Trieste e 1 produzione con 8/9 repliche a Venezia, scambiando poi le stesse produzioni in maniera vicendevole, con il vantaggio sin troppo evidente di pagare 1 produzione prolungata mettendo in cartellone 2!

Oltre a questo la creativita' non solo deve trovare la “cura” per alcuni mali, ma diventare propositiva implementando l' offerta attuale. Vediamo come:

1) Produrre annualmente 1 spettacolo con produzione autoctona, creando sempre concorsi dal fascinoso e ambito premio di diventare parte dell'opera, sia come attori, sia come registi o scenografi.
2) Ripristinare un sano senso di appartenenza, risollevare un moto d'orgoglio che faccia riassaporare al triestino il desiderio di avere a Trieste un teatro di straordinaria tradizione e storia. Questo come puo' essere veicolato nel modo piu' utile?
Prima di tutto incentivare collaborazioni con le TV locali, con programmi musicali fatti o partecipati da musicisti del teatro, operazioni di marketing che non devono avere il comun denominatore della spesa per la riuscita, bensi' l'originalita' del contenuto.
Poi istituendo la gratuita' delle prove generali, coivolgendo soprattutto le scuole, per far conoscere la musica classica in modo capillare..
Proponendo una domenica al mese (magari con orario 11.00-12.00, dopo la Santa Messa) concerti al prezzo simbolico di 2 euro, con programmi piu' popolari, coinvolgendo solisti della propria orchestra, accompagnati da slogan del tipo: “ascolta con orgoglio la musica della tua citta'”.
3) Caldeggiare una nuova era nei rapporti fra Societa' dei Concerti e Teatro Verdi, in modo da ottimizzare il dispendio di risorse economiche per i “grandi nomi”: se per esempio contrattare tramite Societa' dei Concerti un violinista di primo livello costa ipoteticamente 15.000,00 euro per un concerto, e se in un altro periodo il Teatro Verdi lo scrittura per 3 a 30.000,00 euro, e' plausibile ottenere un possibile “pacchetto” di 3 sinfonici e 1 recital al costo ipotetico di 35.000,00 totale.....il vantaggio e' chiaro!

La denuncia che spesso e' stata sollevata dagli addetti ai lavori nell'ultima gestione politica cittadina e' andata nella direzione di un'assoluta incomunicabilita' fra istituzioni e musicisti, un modus operandi che ha lasciato poco spazio alla voce di chi fa musica rispetto a chi inevitabilmente non sa della materia ma ha il coltello dalla parte del manico. Troppo spesso la decadenza in certi settori e' figlia di competenze latenti oltre che di mancanza di finanze, per cui l' imperativo e' di privilegiare il LATO ARTISTICO e quindi delegare a illuminati il delicato tesoro cittadino, perche'...

Per UN'ALTRA TRIESTE c'e' bisogno di ricordare che Trieste e' anche la sua cultura, la sua arte, e il suo Teatro e' la casa dove vivono e rivivono le grandi opere d'arte che il passato ci ha lasciato!

Raffaele Baldini

ORGOGLIO E IMPIANTI


ORGOGLIO GIULIANO E GESTIONE DELLE PALESTRE... LO SPORT RINASCE A TRIESTE!

Molti e il sottoscritto in prima fila hanno sempre sostenuto che la politica dovesse restare lontana dallo sport, quasi fosse un nocivo batterio che inficiasse il “corpore sano” e che lo costringesse a cedere a compromessi e interessi di parte. Necessariamente pero' lo sport ad alto livello necessita di risorse economiche importanti, e quasi sempre il veicolo per arrivare a convogliare “a giusto investimento” e' quello di passare attraverso la politica.
In che modo questo puo' essere attuato?
Principalmente con la progettualita' coinvolta, cioe' la politica deve convincere (nell'accezione piu' positiva del termine) l'imprenditorialita' locale ad investire nello sport triestino, evitando la semplicistica forma del bussare alle porte per chiedere soldi ma bensi' proponendo programmi ambiziosi e ben strutturati. Il binomio risorse cittadine-sport incrementa la sinergica volonta' di appartenere ad una macchina vincente, ponendo fine a meteore venute da fuori citta' che sposano qualsiasi progetto pur di avere un tornaconto di altro tipo. Allo stesso modo chi si prodiga per ingenti sforzi economici da destinare allo sport, DEVE pretendere, oltre che ai gia' citati programmi seri a lungo termine, anche competenze scientemente preposte a governare in maniera illuminata l' “architettura” sportiva imbastita.

Secondo punto chiave, che abbraccia in questo caso lo sport a qualsiasi livello, un CAPILLARE RECUPERO DI IMPIANTI SPORTIVI cittadini, lasciati in disuso e a marcire come una rovina. Se Trieste vanta il maggior numero di federazioni sportive, non puo' prescindere dal fatto che ognuna abbia una propria “casa” (e anche accogliente), e visto la mappa locale degli impianti, non si parla per forza di nuove edificazioni, ma semplicemente di restauro!
In altri casi la situazione e' ancora piu' paradossalmente gravosa, in cui la presenza di impianti funzionali allo scopo, rimangono deserti per logiche di altro tipo, ammassando quindi in poche fatiscenti palestre (alcune neanche allineate ai regolamenti vigenti) decine di societa', fra l'altro spesso pagando importanti quote annuali.

La politica non deve supportare le societa' solo nelle conviviali situazioni come anniversari o commemorazioni, bensi' soprattutto nel garantire il piu' lineare svolgimento delle attivita', nel rispetto degli iscritti e dello sport stesso!

Raffaele Baldini

venerdì 21 gennaio 2011

GALLERIA VIA D'ALVIANO-LARGO MIONI

lettera a "Il Piccolo" sulla Galleria D' Alviano-Largo Mioni

Era l’anno 1992 ed erano in corso le proposte per il nuovo Piano Regolatore.

Il nostro gruppo di lavoro proponeva la succitata galleria in variante a quella già prevista che sboccava in piazza Foraggi; variante presentata all’Università di Trieste, alla presenza del Rettore Magnifico ing. Borruso e dell’ architetto Portoghesi (il “Piccolo” 01 agosto 1993), approvata e inserita nel nuovo P.R.G.C.

Nell’anno 2000, con nostra grande soddisfazione, il Comune presentava il progetto completo della nuova galleria.

Passano (more solito) anni di silenzio, poi nel 2007, sempre sul “Piccolo”, si accodavano favorevolmente diversi professionisti, assessori, stimatori e con un solo “contrario” (il tutto documentabile).

E, logicamente anche noi (05 settembre 2007), siamo intervenuti riepilogando il nostro iter. Di nuovo silenzio. Ora, nel 2010, ci permettiamo di tornare sul argomento: da tempo (anni) si parla dell’opera di risanamento della Galleria Sandrinelli, ma il tempo passa ed è probabile che tale ritardo sia dovuto alla preoccupazione, legittima e giustificata, che l’intervento in quella zona procurerebbe notevoli disagi alla circolazione veicolare per un tempo, difficilmente valutabile, ma non certo breve.

Sarebbe allora il caso di prendere in considerazione la “riesumazione” della vecchia soluzione via D’Alviano – Largo Mioni, anticipandola rispetto alla ristrutturazione della succitata Galleria Sandrinelli; il fattore costi, ovviamente differenti, sarebbe solamente invertito nella successione cronologica. In tale eventualità, e a tempo debito, sentiamo di voler proporre che la nuova galleria venisse intitolata al nome dell’ing. Ondina Barduzzi, per onorarne la memoria, in quanto è stata proprio Lei a perfezionare il progetto iniziale, poi presentato e relazionato alla presenza delle autorità e al pubblico in una sala della Stazione Marittima (anno 2000).

Con profonda stima.

Per il gruppo di lavoro

geom. Orfeo Blasi e arch. Raffaele Baldini