venerdì 6 maggio 2011

SENZA PIU' BARRIERE!!!!

Una mappatura dei locali pubblici a Trieste, NIENTE PIU’ BARRIERE!


Questa volta non bisogna fare uno sforzo di fantasia né chiedere la luna, semplicemente bisogna dare una spinta decisa a quello che, per l’ennesima volta, è stato un ennesima tacita archiviazione nel vasto e corposo ufficio del “dimenticatoio cittadino”.

Già nel 2008, grazie alla sensibilità della sig.ra Raffaella Del Punta, venne votata all’unanimità la possibilità di effettuare una “mappatura” dei locali pubblici di Trieste, evidenziando così le emergenze a livello di barriere architettoniche a cui porre il giusto rimedio, e questa volta non superficialmente con l’occhio di “chiunque”, bensì con chi ha a che fare giornalmente con gli ostacoli urbani, e cioè i disabili stessi; non si ha idea quanto un gradino insignificante di 5 cm. rappresenti un problema…


Ed è per questo, come nel 2009, poco prima dell’estromissione da assessore ai Lavori Pubblici Franco Bandelli fece, il sottoscritto vuole portare in luce nuovamente questa battaglia civile ed etica in una città come Trieste:


SI PROPONE E SI PRETENDE (!!!!) UNA NUOVA MAPPATURA DEI LOCALI PUBBLICI DI TRIESTE, EVIDENZIANDO IN SCALA GERARCHICA LE “EMERGENZE” SU CUI OPERARE IN TERMINI DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE!


..facendo si che non si perdano ulteriori “treni” in relazione a finanziamenti pubblici, o addirittura registrando il più deprimente “esodo” dei triestini, costretti a cambiare residenza al di fuori delle mura giuliane per rendere vivibile il proprio deambulare in uno spazio urbano.


Un impegno senza “se” e senza “ma” per la prossima giunta, e per quello che concerne il sottoscritto, a prescindere!


Raffaele Baldini

domenica 1 maggio 2011

IL MIO PROGETTO....


Raffaele Baldini (Un'Altra Trieste): “credibilita' attraverso idee, passione e lavoro”

Sono Raffaele Baldini, ho 36 anni ed ho accettato l'offerta di Franco Bandelli di candidarmi come consigliere comunale nelle fila di Un'Altra Trieste animato da un sentimento contrastante, quello di tradurre in senso politico idee e proposte, e l'idea che per farlo si possa partire esternamente al contesto politico, ridando ruolo principale alle competenze tecnico-amministrative nei settori piu' appropriati istituzionali.

Essendo architetto e giornalista-pubblicista sportivo, coerente con quanto sopra descritto, vedo il mio ruolo principalmente connotato in ambito urbanistico-edilizio e sportivo, ed esplicitamente riversando particolare attenzione sulla gestione degli impianti sportivi e sul ruolo degli sport cosiddetti minori quale democratico elemento di tutela collettiva.


Concretamente non ho la presunzione di cambiare Trieste, ma ho l' umilta' necessaria per capire quello per cui e' possibile lottare giornalmente e in maniera convinta, ed e' esattamente questa la promessa che sottoscrivo di fronte all'elettorato: non promettere l'impossibile ma garantire il totale impegno per il possibile!

Punti cardine del mio ruolo di architetto, qualora venga eletto consigliere comunale:


  • TRIESTE, CITTA' SENZA BARRIERE – Eliminare le numerose barriere architettoniche ancora presenti negli edifici pubblici e privati, ridando quel senso di civilta' ad una citta' che vuole proiettarsi al futuro.

  • RIUTILIZZO SITI – Riutilizzare con diverse destinazioni d'uso edifici lasciati all'incuria e alla fatiscenza.

  • SUPPORTO AD UN PIANO REGOLATORE PIU' EQUO E “ILLUMINATO”.

  • IMPEGNO PER MIGLIORARE E SNELLIRE PRATICHE BUROCRATICHE COMUNALI IN AMBITO EDILE.


Per quello che concerne il macro-mondo sportivo:


  • LOTTARE PER RIDARE IMPIANTI ADEGUATI E CON PREZZI AGEVOLATI ALLE SOCIETA' SPORTIVE – Una mappatura degli impianti tutt'ora esistenti nel territorio comunale disegna un inquietante quadro dello stato manutentivo degli stessi; e' ora di mettere mano al portafogli e ridare strutture degne ad una citta' che vanta il maggior numero di federazioni sportive, agevolando le stesse nel poter utilizzare con costi abbattuti le strutture rinnovate.

  • MUSEO DEL BASKET AL PALATRIESTE – Ottenere l'intitolazione del Palatrieste al mito di Cesare Rubini e portare all'interno della struttura un museo del basket con bacheche, sale multimediali e store per rinsaldare una storica realta' nazionale.

  • DIGNITA' DELLO SPORT LOCALE – Una partita difficile e lunghissima da intraprendere, quella di riportare investitori in citta' (o convincere ancor meglio imprenditori indigeni) per supportare lo sport, partendo dalle squadre professionistiche fino alle piu' piccole, ma altrettanto degne realta', privilegiando chi avra' nella PROGETTUALITA' e LUNGIMIRANZA il credo fondante.


E tutto questo (e altro ancora) lo sottoscrivo rilanciando quello che io interpreto come il miglior modo di rendere trasparente un operato: redigendo un report pubblico calendarizzato con operazioni svolte in funzione dei punti sopra elencati, tale da non considerare solo la vittoria in una battaglia politica, ma soprattutto il percorso per ottenerla!


Idee sparse sul mio blog: http://unaltrobaldini.blogspot.com/,

poi null'altro, solo un ringraziamento per chi mi dara' un opportunita' il 15-16 Maggio, o anche per chi avra' avuto la pazienza di leggere queste righe.

Raffaele Baldini

sabato 2 aprile 2011


Il Pala-Rubini e il museo del basket


Non è certo una novità nel panorama sportivo, le più nobili società calcistiche e alcune anche di pallacanestro (vedi la defunta Fortitudo Bologna, o la Virtus Bologna per parlare dei “vivi”), hanno utilizzato la propria “casa” per imprimere nella memoria storica le gesta dei campioni che hanno le hanno fatte grandi, una galleria fotografica-didascalica come un museo itinerante all’interno del palazzetto.
Credete, la suggestione che regala istantanee magari ingiallite dal tempo nel teatro più naturale è qualcosa di indescrivibile, immersione involontaria nella macchina dei ricordi, alcuni anche vissuti dal vivo ma che si vogliono riaccendere per un attimo.

Il Palatrieste allo stato attuale, nei suoi lunghi corridoi di collegamento fra i settori, è lo specchio di un momento sportivo depresso, pareti tristemente bianche , disadorne e senza vita; alcuni diranno, ecco la solita iniziativa di stampo triestino che spinge per “mummificare” qualcosa che fu, in barba all’immobilismo del presente; può essere vero, ma è ancor più sanguinoso pensare di dover fermare un “cestinaggio” che voleva esser fatto con i ricordi della Pallacanestro Trieste qualche anno fa, rasentando la blasfemia pura.
L’occasione sembra propizia, intitolare il Palatrieste al mito di Cesare Rubini potrebbe schiudere le porte per arricchire la splendida struttura di Via Flavia di questo percorso storico cestistico, sia esso cronologico o casuale, con effigi di gente come Rubini stesso, Meneghin, McRae, Lombardi….dando così il piacevole intrattenimento a chi vive il Palatrieste, per rinverdire momenti vissuti o per far conoscere alle giovani leve le colonne portanti della storia sportiva cittadina.

Sintetizzando, il museo del basket potrebbe includere:

- percorso fotografico e didascalico lungo i corridoi e gli spazi di passaggio interni al Palatrieste, con bacheche illuminate per contenere immagini di atleti e tifosi, divise storiche, oggetti e articoli (vedi fotomontaggio).
- Una sala destinata a video proiezioni, con immagini di repertorio o anche film e partite di pallacanestro.
- Un sala multimediale dove alcune postazioni potrebbero fungere da Wikipedia cestistico triestino, aggiornabile da tutti gli utenti, per raccogliere una marea di documenti, testimonianze e racconti su tutto il basket triestino.
- Ripristinare all’ingresso lo shop dove poter acquistare vestiario e gadgets della Pallacanestro Trieste 2004.

I teatri sportivi in Italia devono fare il definitivo salto di qualità, diventando da semplici involucri dove far disputare un match, a arene che presentano al pubblico un evento a tutto tondo, un occasione per soffermarsi qualche minuto prima o qualche minuto dopo l’orario previsto dalla partita. Vivere la casa del basket senza entrare in una scatola vuota, conservare la memoria delle gesta passate per accrescere il senso di appartenenza e per far crescere le nuove generazioni di appassionati dalle fondamenta della storia,
questo potrebbe essere il nuovo PalaRubini!

Raffaele Baldini
(candidato consigliere comunale nelle liste di Un’Altra Trieste)

sabato 12 marzo 2011

MUSEO UNICO PER SVEVO,JOYCE,SABA?


In una città come Trieste influenzata da mille culture, da gente di passaggio e da paternità culturali non chiare, si può a ben d’onde sostanziare tre colonne portanti della letteratura contemporanea rispondenti ai nomi di Italo Svevo (pseudonimo di Aaron Hector Schmitz 1861-1928), James Joyce (1882-1941) e Umberto Saba (pseudonimo di Umberto Poli 1883-1957), che hanno dato lustro alla città di Trieste.

Cosa ne rimane come memoria storica?
Forse la pagina più sbiadita e scarna è dedicata all’ “irlandese più triestino d’Europa”, cioè James Joyce, un intellettuale capace di innamorarsi della nostra città ma anche di viverla negli aspetti più caratteristici; la sua memoria ad oggi è presente in un filmato video e nulla più, un frammento disperso nella marea di testimonianze mai fermate nell’incedere del tempo. Così come Umberto Saba, ricordato nella sua libreria antiquaria (ora di Mario Cerne) archivio di diverse opere del poeta-scrittore, e Italo Svevo, unico dei tre ad avere una sede consona dal punto di vista spaziale (Via Madonna del Mare) ma non certamente dal fascino indiscusso della prima sede, quella inaugurata nel 1997 nel secondo piano della Biblioteca Civica di Piazza Hortis.

Posto che questi grandi autori rimarranno nella memoria grazie ai capolavori trasmessi a generazioni a venire, non sarebbe giunto il momento di unirli in un unico grande museo, evitando la dispersività nel territorio della città di Trieste?
Anche dal punto di vista turistico, il fatto di poter focalizzare in un luogo unico tre “mostri sacri” di questa caratura, porterebbe un indotto in termini di presenze notevole, nonché una ottimizzazione gestionale del museo.

Quale sito più adatto?
Ci sono diversi luoghi a Trieste che necessitano di ristrutturazione, poco tempo fa si era anche deciso da parte del Comune di Trieste di dare una destinazione alla chiesa sconsacrata dei Santi Sebastiano e Rocco in Cavana con finalità pubbliche, come volontà della contessa Margherita Nugent, prima però che l’edificio venga venduto alla Chiesa. Ora, non sarebbe neanche una soluzione balzana riproporre questo sito come abbinamento magari fra arte sacra e letteratura.
Non sarà certo l’ “involucro” a fermare un’idea, forse più che un’idea un dovere etico e morale per ridare giusti meriti a chi ha reso grande la città di Trieste con le proprie opere.

Raffaele Baldini

mercoledì 9 marzo 2011

Ex Chiesa di San Luigi


Nuova destinazione d’uso per l’ex Chiesa di San Luigi?

Nata molti anni fa e ripresa negli anni 1958/60, l’ex Chiesa di San Luigi sembra essere stata abbandonata a se stessa e al fato, fato che ha visto venire alla luce la nuova chiesa rionale e una perdurante mancanza di pecunia per l’eventuale riutilizzo con diversa destinazione d’uso.

La già imponente struttura dell’ex chiesa quale presenza “ingombrante” nel territorio, ha assunto nel tempo inquietanti connotati di cattedrale dismessa, teatro di incuria e “lavagna” per graffiti dissacranti.

Con il passare degli ci sono stati diversi tentativi, tutti caduti nel nulla, di riprendere il discorso dov'era stato lasciato, la mancanza pero' di decisionismo ha inevitabilmente mantenuto la pesante eredita'. Ci vorrebbe ora un gesto di coraggio, che puo' andare in due direzioni:


  • demolire tutta la struttura (vedendo di trovare un'altra destinazione agli attuali unici fruitori di una parte di essa), e creare una zona arredata a giardino, a servizio del rione di San Luigi.

  • ristrutturarla internamente (con le dovute valutazioni statiche) per una nuova destinazione d'uso definitiva, per esempio una struttura polifunzionale che comprenda una palestra (dimensioni di un campo di pallavolo regolamentare), con relativi spogliatoi e uffici per ulteriori utilizzi.

Un progetto di massima e' stato studiato e' puo' essere vagliato da chiunque, pur considerando che quello che conta e' prendere una decisione in merito, nel rispetto della cittadinanza e come occasione da sfruttare in virtu' della carenza di impianti sportivi indoor.

giovedì 3 marzo 2011


PIANO REGOLATORE, PRATICHE COMUNALI ED EDILIZIA PRIVATA

(parte seconda)


FOTOVOLTAICO, DAL VENETO LO SPUNTO PER REGOLAMENTARLI?

E' di recentissima datazione l'approvazione della nuova Finanziaria regionale 2011 del Veneto la quale, tramite art.4, sospende fino al 31 Dicembre 2011 il rilascio di nuove autorizzazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili; in pratica non verranno piu' concesse autorizzazioni per impianti fotovoltaici in terreni agricoli che abbiano picchi di potenza superiori ai 200 kilowatt. La moratoria vale anche per impianti alimentati a biomasse con potenza elettrica superiore ai 500 kilowatt e per impianti a biogas o bioliquidi con potenza elettrica superiore ai 1000 kilowatt.

Quello che potrebbe essere visto come una castrazione allo sviluppo delle energie rinnovabili, pone invece un freno preventivo a quello che poteva diventare un utilizzo selvaggio dei suoli agricoli, liberi da vincoli di linee guida o da regolamenti specifici.

Un' Altra Trieste potrebbe dal canto suo sfruttare l'empasse sulla variante n. 118 del Piano Regolatore per farsi portavoce di un nuovo modo di intendere lo studio sul territorio, ovviamente a seguito di un piano energetico di scala regionale, basato sulla possibilita' di inserire nella possibile nuova variante al Piano Regolatore Generale (perche' e' eticamente e ragionevolmente giusto bocciare la n. 118!) anche indici di costruzione di impianti alimentati da fonti rinnovabili su suoli agricoli, cosi' come specifici riferimenti entrando nello specifico del Regolamento Edilizio.





sabato 26 febbraio 2011

Del rione di Roiano...


Avere la fortuna di consumare gran parte della propria esistenza nello stesso rione, quello di Roiano, porta inevitabilmente ad avere un rapporto empatico con il territorio, con la propria gente, con le peculiarità del posto, tanto da ereditarne pregi e difetti.
Il rione di Roiano è di antica formazione, pur considerando che ad inizio '800 constava di poco più di quaranta case ed un centinaio di abitanti, poi “esploso” a livello edificatorio fino ai giorni nostri, punto strategico con richiesta abitativa molto alta per la vicinanza con la arterie principali di uscita alla città (Viale Miramare, Via Commerciale e Strada del Friuli), con la stazione dei treni e in generale con il centro cittadino.

Senza fare un excursus storico-artistico sul rione che può avere poco senso (seppure interessantissimo per diverse ragioni), il mio intervento ha la presunzione di far capire quanto potrebbe essere utile il ruolo di consigliere comunale in funzione di tramite per una realtà specifica. Il mio mio background conoscitivo a Roiano certo non è memoria storica vista la mia ancora giovane età, però il vissuto è stato qualcosa di capillare ed intenso, dall’asilo di Vicolo delle Rose alla Chiesa S.Ermacora e Fortunato, dalle scuole Tarabochia e Brunner al campo di pallacanestro (prestato dal hockey e del pattinaggio) del Dopolavoro Ferroviario, passando per ricreatori e oratori; sia ben chiaro, lungi dal fare l’errore di considerare il rione come uno spicchio autonomo della più complessa maglia strutturale cittadina, però necessariamente la cura di ogni singolo aspetto del micro-cosmo roianino darebbe una spinta per un’altra Trieste, questa volta non solo come lista civica ma anche come reale volontà di cambiamento.

Nessuno scadimento populistico da campagna elettorale, la banale rincorsa a chi si accolla le emergenze territoriali è già ben che cominciata, e quasi sempre poi viene riposta nel cassetto delle “eventualità” ad insediamento avvenuto; l’esigenza di nuovi parcheggi (liberi!!), la questione aperta del Rio Martesin, ecc. sono argomentazioni trite e ritrite che meritano una seria impugnazione politica, non spot da campagna elettorale.

Perché ho parlato sopra di “presunzione di far capire un ruolo”, semplicemente perché il più immediato e incondizionato modo di guadagnarsi credibilità è quello di rendere ineluttabile un concetto: pensate che chi vive il rione di Roiano non abbia interesse a occuparsi della questione di casa propria?
La risposta è quello che ho chiamato ineluttabile, argomento che DEVE essere contestualizzato per non dar adito alla più classica delle accuse di “coltivare solo il proprio orticello”. La missione quindi deve partire dal presupposto che il malato è quello che diagnostica con più precisione il male che ha attraverso i sintomi, la cura invece deve essere somministrata dal migliore medico, nel caso di una città, attraverso chi amministra e legifera in tal senso.
L'impegno e' quello che va dritto in questa direzione, ascoltare le esigenze di una comunita' per portare i migliori benefici nel lungo termine, a costo di essere impopolari o scontentando qualcuno, ma con l'imperativo di agire per la crescita di Trieste.

arch. Raffaele Baldini
(Candidato consigliere comunale nelle liste di Un'Altra Trieste)

sabato 19 febbraio 2011


PIANO REGOLATORE, PRATICHE COMUNALI E EDILIZIA PRIVATA

(parte prima)


Non vi è alcun dubbio che il primo assoluto fardello che la nuova giunta dovrà accollarsi per sbloccare una situazione di empasse insostenibile è la vicenda relativa alla Variante n. 118 al Piano Regolatore Generale adottata. Senza entrare nel merito della questione (fra l’altro già ampiamente fatto da Un’Altra Trieste in diverse situazioni), quello su cui sarebbe importante affrontare un tavolo di dibattito in chiave futura, in virtù di conseguenze a cascata sui cittadini che desiderano adoperarsi per attuare cambiamenti edili o addirittura farsi promotori di nuova costruzioni, è come venire fuori da una jungla legislativa e dal ruolo decisivo dell' INTERPRETAZIONE fra gli attori parti in causa.

Cerco di raccogliere i punti nodali del contendere:


CLIENTE – PROFESSIONISTA – TECNICO COMUNALE….. linguaggio comune?

Certamente vivremmo in un mondo non reale se tutti gli attori protagonisti di un contesto come quello edilizio fossero allineati e parlassero la stessa lingua, soprattutto in virtù di una esigenza di fondo da parte del cliente di ottenere i propri “sogni” a qualsiasi prezzo, divincolandosi o volendo dribblare gli ostacoli dettati dalla burocrazia in campo edile; ma se questo appunto non è possibile, NECESSARIO per il lineare svolgimento delle pratiche che geometri, architetti e ingegneri siano dialoganti con i tecnici comunali (depositari del placet burocratico), avendo chiare le basi su cui si valuta un progetto.


Troppo spesso le pratiche vengono bloccate (con relative lungaggini e malcontento dei fruitori principali del servizio, i cittadini!) per diversa interpretazione fra professionista e tecnico comunale, e di certo non è possibile parlare di ignoranza in merito visto il capillare e vasto problema. Non vi è mai stato un serio tavolo di concertazione predisponendo un tramite fra le due parti a disposizione di ordini professionali e Comune per garantire pieno supporto, in TEMPO REALE!

Non ci sono colpevoli ma ci sono vittime certe: i cittadini, presi nella palleggiamento fra LIBERI professionisti che interpretano un progetto in ottemperanza delle leggi ma non sempre delle sfumature e tecnici comunali NON LIBERI di poter conciliare, ma solo di appianare con la negazione punti di vista differenti.


LA CASA DEI SOGNI, O UNA SCATOLA SERIALE PREORDINATA?

Qualcuno di molto importante come Giuseppe Samona' nelle sue riflessioni causticamente considerava i Piani Regolatori come i mezzi che distruggono l'architettura. Certo, io sono di un'idea meno estremista ma condivido il principio cardine, soprattutto alla luce del reale riscontro professionale.

Piani Regolatori, Soprintendenza, vincoli e Codice Civile, sentenze di Tribunali e leggi di ogni tipo, un ginepraio entro cui bisogna destreggiarsi con straordinaria capacita', ma quanto tutto cio' castra il fisiologico estro di chi progetta una casa o i sogni di chi ne vuole costruire una?

Ci si chiede perche' in tutta Europa si possono vedere una pluralita' di influenze architettoniche e una intrigante diversita', qualcuna osando oltre l'oggettivo senso del gusto ma in nome di una onesta' intellettuale certa. In Italia invece si sta procedendo con pericolose forme di produzioni in serie, dettate da esigenze regolamentari che veicolano progettisti e progetto in una direzione preconfezionata, senza “rischi” ma dalla spersonalizzazione evidente.

La nuova giunta si predisponga per ridare importanza ai manufatti che vengono costruiti a Trieste, facendo si che l'architettura cinque stelle non sia solo una ricerca didascalica nel passato ma una costruzione del presente e del futuro!

sabato 12 febbraio 2011

IL CORAGGIO DI PORTARE EVENTI


Il coraggio di portare Arte di alto livello

Castello di San Giusto, Castello di Miramare con le scuderie, Salone degli Incanti (ex Pescheria), Museo Revoltella, sono solo alcuni siti che la citta' di Trieste sta sfruttando con una patetica occupazione calendarizzata sottoponendo i cittadini a eventi artistici di portata molto limitata o credendo di attirare forestieri per numeri anche di 6-7 mila visite globali.

La mia memoria storica certamente non gode di troppa credibilita' per i 36 anni di vissuto ma e' un indicatore attendibile per quello che concerne un indirizzo delle ultime decadi: l'evento che ancora rimane impresso nella mia mente, l'unico per portata di visitatori, per importanza e vastita' mediatica e' stato “l' Oro del Peru'”, circa una trentina di anni fa (1981 mi sembra), un po' poco per una citta' che millanta da qualche giunta comunale attenzione al turismo; dopo il Peru' tanta quantita' e pochissima qualita', mostre oggettivamente di secondo piano (e raffazzonate), con nomi importanti ma dalle opere minoritarie, circo mediatico praticamente inesistente (e capibile vista l' odience).

E' vero che parliamo sempre di un periodo storico molto difficile, i tagli economici a livello nazionale non permettono voli pindarici di qualsivoglia genere, anche se veicolare il tutto in un minor numero di eventi ma piu' d' impatto potrebbe essere una soluzione; in prima persona io ho incassato alcuni “niet” politici per la teoria catenacciara (mi si conceda l' improprio ma calzante aggettivo) del “meglio non esporsi troppo con mostre di portata troppo ampia”, curandosi di non movimentare le acque tranquille di una poltrona e perdurare nella filosofia dell' iniezione anestetizzante di cultura capillare ma che non sia troppo invasiva per le coscienze popolari.

Ahime' neanche la teoria delle citta' grande-mostra grande tiene botta, perche' basti guardare un po' il panorama nazionale per accorgersi che centri come Ravenna, Padova, Ferrara, Rimini per non parlare della opulenta Treviso hanno stagioni artistiche cinque stelle, dai pittori Impressionisti a quelli del dopoguerra come De Chirico e Guttuso, dagli Espressionisti ai cubisti quali Picasso e Brauque, qualcosa per cui garantisco che decine di centinaia di triestini farebbero chilometri in treno o in auto per visitare.

Quale valore aggiunto portano questi eventi?

Beh, non ci vuole certo un illuminato economista per dire che il flusso indigeno e non di appassionati d'arte creerebbe un indotto di tipo monetario strettamente legato all' incasso, ma anche un effetto sulle strutture ricettive alberghiere, sui centri di ristorazione, sugli esercizi commerciali che aderirebbero all'evento, oltre che sulla stampa nazionale finalmente focalizzata sulla dimenticata terra del nord-est italico spesso ferma all'ultima stazione di Udine.

Scuotere una citta' sonnecchiosa, regalare emozioni forti...e' questo il coraggio di far politica!

Raffaele Baldini

venerdì 11 febbraio 2011

TRIESTINO PREMIATO...

Puo' sembrare una banale forma pubblicitaria familiare, invece la realta' e' che un triestino viene insignito di un importante riconoscimento.....


FONDAZIONE ITALIA

Via Gregoriana 3 - 00187 Roma

Tel. +39 06 6781830 Fax +39 06 8177726 cell. +39 3387763062 e mail: fondazioneitalia@virgilio.it

www.fondazioneitalia.it


XV Edizione del PREMIO ITALIA NEL MONDO

San Paolo del Brasile, Memorial dell’America Latina 15 aprile 2011

Il Premio Italia nel Mondo, fornisce un contributo di rilievo alla promozione dell’immagine dell’Italia, ponendo nella giusta evidenza l’apporto che le collettività di origine italiana hanno saputo fornire al progresso e al benessere dei Paesi che le hanno accolte.

Giorgio Napolitano

Roma, 07 febbraio 2011

Ill.mo Maestro

Emanuele Baldini

San Paolo del Brasile


Egregio Maestro,

Mi pregio comunicarLe che il Comitato della XV edizione del PREMIO ITALIA NEL MONDO, presieduto dal professore Francesco Mercadante,docente emerito di filosofia del Diritto alla Università della Sapienza a Roma, e composto dallo Storico del Teatro, prof. Giovanni Antonucci, dallo scultore, professore Bruno Liberatore, cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma, dal regista Carlo Lizzani, dal produttore Corrado Prisco, dal giornalista, Geppi Rippa, d’intesa con l’Ambasciatore d’Italia in Brasile, Dott. Gherardo La Francesca, il Console Generale a San Paolo, Dott. Mauro Marsili, il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura, Dott. Attilio De Gasperis, e il Direttore dell’ICE a San Paolo Dott. Giovanni Sacchi, Le ha conferito, per i Suoi meriti, il

PREMIO ITALIA NEL MONDO® 2011

L’evento, istituito dalla Fondazione Italia, avviene con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e del Ministero degli Affari Esteri, e con i messaggi congiunti del Presidente della Repubblica d’Italia, Giorgio Napolitano, e del Presidente della Repubblica Federativa del Brasile, Dilma Rousseff.

Collaborano alla manifestazione la Direzione Generale per il Sistema Paese del Ministero degli Affari Esteri, l’Ambasciata d’Italia a Brasilia, il Consolato Generale d’Italia, a San Paolo del Brasile, l’ICE e l’IIC a San Paolo.

Il riconoscimento, destinato a personalità del mondo della cultura, dell’arte, della politica e dell’impresa che con la loro attività hanno onorato l’immagine dell’Italia nel Mondo, Le sarà consegnato, al Memorial dell’America Latina il 15 aprile 2011.


Nelle scorse edizioni,il Premio è stato assegnato, tra gli altri, all’Accademica del Brasile Zelia Gattai Amado, al giornalista ed editore Mino Carta, a Antony Franciosa, (USA), a Luciano Pavarotti, a Sergio Pininfarina, a Tony Renis, a Franco Zeffirelli, a Gilberto Gil, (Brasile) all’Arch. Oscar Niemeyer, (Brasile) al Ministro dell´Economia, Guido Mantega.


Il Comitato d’Onore di questa XV edizione del Premio Italia nel Mondo, è composto dal: Presidente del Senato, Sen. Renato Schifani, Presidente della Camera On.Gianfranco Fini, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri On. Gianni Letta, Ministro degli Affari Esteri, On. Franco Frattini, Ministro ai Beni Culturali On. Sandro Bondi, Ministro dei Trasporti, On. Altero Matteoli, Ministro del Turismo On Michela Vittoria Brambilla; dai registi Dott. Carlo Lizzani e Dott. Franco Zeffirelli; dai giornalisti Dott. Antonio Caprarica, Dott. Geppi Rippa, Dott. Bruno Vespa.

La cerimonia avverrà alla presenza di autorità, esponenti della collettività italiana, e personalità del mondo della politica,della diplomazia,dell’arte.

In attesa di una Sua cortese adesione, La ringrazio vivamente e Le invio distinti saluti anche a nome dei componenti il Comitato d’Onore e il Comitato di Giuria.


Corrado Prisco

Presidente della

Fondazione Italia®

martedì 8 febbraio 2011


Quella volta a Milano con Cesare Rubini…

Correva l’anno 1999, preistoria cestistica triestina se si pensa che i virgulti allenati da Luca Banchi, in serie A1, calcavano le tavole parchettate del Palamazda di Milano per affrontare l’Adecco di coach Crespi, un’accozzaglia di giocatori strapagati come Rusconi, americani rivedibili come Lollie Cooper o Lee Nailon, e italiani di valore come Portaluppi e Michelori; l’occasione è propizia per lavorare come cronista, e nel contempo incontrare un “mostro sacro” della pallacanestro, Cesare Rubini da Trieste.
L’immagine ce l’ho davanti agli occhi: in un semi-deserto palazzetto prima del match (alla palla a due non si conteranno tanti spettatori di più), seduto sulle tribune, vestito elegante ma con tratti casual con l’immancabile gilet sotto la giacca, il Principe puntuale attende il nostro arrivo probabilmente come gli “ennesimi rompiballe” che ricalcheranno la carriera tracciando l’epitaffio giornalistico sportivo prima del tempo. Invece, tipico “marchio” degli sportivi veri, il suo tono è confidenziale e schietto, incalza prima ancora di essere incalzato, e lo fa percorrendo in maniera mai banale la luminosa “Croisette sportiva”, da giocatore di pallacanestro e contemporaneamente di pallanuoto (Hall of Fame in entrambe le discipline), allenatore impareggiabile e uomo dal carisma palpabile.
Il suo ricordo di Trieste (città Natale ndr.), ha le tinte forti di chi ha adorato la culla natia ma che non accetta il suo immobilismo, con il cinismo di chi è nato il 2 Novembre e forse un po’ DNA dei milanesi, ha percorso l’epoca del pionierismo sportivo fatto di innumerevoli aneddoti fuori dalla realtà per i giorni nostri, anche quelli che raccontavano di rinunce di partite di basket per andare a pallanuoto e viceversa, e parliamo dei massimi livelli sportivi!
La stessa innata facilità nel fare sport si traduceva nelle parole dette lente, accentate ma decise su dissertazioni tecniche riferite ai giorni nostri, sulla mancanza di quel romanticismo ucciso dai soldi, sulla tragica gestione della pallacanestro ai vertici; un uomo allergico ai luoghi comuni, in 30 minuti di intervista non è mai scaduto nei pietismi dei miti ormai decaduti, l’orgoglio di quello che ha fatto e che ha vinto si leggeva nella fierezza dell’evitare le autocitazioni alla memoria, nel modo austero da “encefalogramma piatto” nel ricordare emozioni che a molti sarebbero il tormentone di una vita….
La stretta di mano prima di lasciarci è stato un momento indelebile per chi si “nutre” di gente come Cesare Rubini, il pensiero che ora non c’è più la convinzione di aver incrociato per pochi attimi la storia dello sport!
Grazie Cesare Rubini….grazie Principe!

Raffaele Baldini

Il perchè di una scelta...


Cari Amici,

il prossimo candidato sindaco al Comune di Trieste Franco Bandelli, mi ha invitato a far parte della lista civica UN’ALTRA TRIESTE, invito che mi ha fatto molto riflettere e che mi ha portato alla decisione di accettare dopo aver vagliato ogni aspetto che mi riguarda, da libero professionista-architetto a giornalista-pubblicista, da sportivo a cittadino, mettendo a disposizione amministrativamente le mie conoscenze, il mio dinamismo e la sensibilità nel capire le esigenze che la mia città reclama per il progresso e il rilancio dopo anni di involuzione.
Dedicare il proprio tempo sottraendolo alla professione, alla famiglia e al tempo libero per metterlo a disposizione politicamente, per me vuol dire non solo fungere da elemento critico al sistema come situazione di comodo, bensì animarlo con la passione di chi ancora crede che si possa e si debba provare a cambiare le cose, soprattutto per quello che concerne i campi di mio interesse specifico come l’arte e l’edilizia pubblica, lo sport.
Il tutto con un comune denominatore imprescindibile, l’autonomia intellettuale pretesa e garantita da UN’ALTRA TRIESTE pur nel rispetto delle linee guida della lista.
Sarebbe presuntuoso da parte mia pretendere con le mie sole forze di ottenere risultati, ma da sportivo credo nel gioco di squadra ed è per questo motivo che mi rivolgo a voi amici, per condividere con voi questa mia scelta ed invito, chiunque di voi avesse idee, delle proposte, delle cose da dire, di mettermi a conoscenza, per far si che possa essere una sorta di tramite, sempre proiettato al miglioramento di Trieste.
Per far questo ho aperto anche un blog consultabile all’indirizzo:
Blog: http://unaltrobaldini.blogspot.com/

Ringrazio anticipatamente chi vorrà credere in questo percorso e ringrazio anche chi solo mi avrà prestato attenzione in queste righe di presentazione,
cogliendo l’occasione per dare i miei più calorosi saluti,

arch. Raffaele Baldini

sabato 5 febbraio 2011

Lettera a "Il Piccolo" - 10 Marzo 2008


LARGO BARRIERA VECCHIA - Facciata "post-bellica"

La rinnovata Barriera Vecchia ha regalato alla città un motivo d’orgoglio in più: ampi spazi, viabilità ordinata e logica, servizi e ornamenti.
C’è però una nota stonata a margine del completamento d’insieme: la “muraglia” che divide Via Carducci e Corso Saba.
Si è cercato negli anni di mascherarla con decine di manifesti, probabilmente sponsorizzazioni mirate, ed è forse questo il motivo che ne ha consigliato la tacita accettazione e di perseverare in tale immobilismo edilizio. La zona è circondata da palazzi di dignitosa fattura ed è un peccato che il cerchio si chiuda con quel discutibile, predominante scenario. Sarebbe bello, scendendo verso il centro città, vedere un altrettanto dignitoso edificio di civile abitazione o di uffici, costruito sopra l’attuale bar; trattandosi di proprietà privata, la cosa potrebbe venir risolta se da parte dell’Amministrazione ci fosse la possibilità e la volontà.
Forse il Piano Regolatore non lo consente, ma anche questo ostacolo potrebbe essere dribblato; per ciò che concerne i pochi parcheggi necessari, ma di difficile sistemazione all’interno dell’edificio, potrebbero venir ricavati nelle immediate vicinanze e vincolati tavolarmente ai relativi appartamenti ed uffici.
Un’ultima condizione per l’eventuale realizzazione sarebbe la necessità, essendo l’area coperta estremamente limitata (75 mq), di ottenere da parte del Comune di poter acquisire (o in qualche forma di concordato) alcune decine di metri l’area antistante, abbastanza vasta attualmente adibita ad uso estivo del bar stesso senza che quest’ultimo ne soffra.
Riconosciamo che gli ostacoli sono tanti e altrettante sono le richieste e le condizioni; supponiamo anche che, al di là delle difficoltà sopra elencate, forse il fatto che questo stato di cose non sia stato risolto, probabilmente, deriva da sfumature sfuggite ai sottoscritti.
Nel caso invece tutto ciò fosse realizzabile, si potranno prendere contatti con la proprietà, augurandosi disponibile in tal senso, e procedere con l’inizio dell’iter.
Concludiamo questa proposta speranzosi di leggere sulle pagine del nostro quotidiano una risposta che ne auspichi la possibile realizzazione, oppure, a malincuore ricevendo una definitiva risposta che metta la parola “fine” a questa idea di progetto, lasciandoci “godere” il discutibile e triste scenario di stampo post-bellico.
Si allega comunque uno schizzo che assume la valenza di elemento chiarificatore di quanto sopra esposto e che funga da stimolo agli addetti ai lavori.
Con distinti saluti, un sentito ringraziamento,
geom. Orfeo Blasi
arch. Raffaele Baldini email: architetto.baldini@hotmail.it

domenica 30 gennaio 2011

PRESENTAZIONE CANDIDATI

lettera di U.Eco a Tremonti su "Repubblica" - CULTURA

Gentile ministro Tremonti, scrivo a Lei perché qualcuno, probabilmente uno sciocco e un suo nemico, le ha attribuito la frase che la cultura non si mangia, o qualcosa di simile. Non mi risulta che Lei, a salvaguardia della Sua reputazione, abbia energicamente smentito, e quindi dovrà portarsi dietro questa leggenda metropolitana sinché vive. Anticipiamo il testo di Umberto Eco “Non si mangia con l´anoressia culturale” tratto dal nuovo numero della rivista “Alfabeta2″ da oggi in edicola

Si figuri che io mi trascino dietro la diceria che scrivevo le domande per Lascia o Raddoppia, e benché chi le scriveva davvero abbia a suo tempo pubblicamente smentito; ma tant´è, ritrovo questa notizia ora qui ora là, e pazienza, perché al postutto, non c´era nulla di vergognoso a inventare la domanda sul controfagotto o quella sull´uccello sul quale, a detta di Mike Bongiorno, era caduta la signora Longari. Ma cadere sulla cultura è disdicevole.

E quindi indirizzo questa lettera a Lei e, se Ella è vergine di tanto oltraggio, la passi a chi di competenza – e amici come prima.

Una sola cosa voglio precisare. Fingendo che l´autore dell´infausta boutade sia stato Lei, parlerò non come si parla a un poeta ma come si parla a un economista, o addirittura a un diplomato in Scienze economiche e commerciali. Parlerò cioè in termini di Soldi, non di Valori spirituali. Farò finta che Dante e l´università, Raffaello e il liceo classico e scientifico, Morandi e Calvino, siano solo una pania per i gonzi (mi pare che lei a proposito degli insegnamenti umanistici abbia parlato un giorno di aria fritta). Non importa, mi chiederò solo quanto si mangia con Raffaello e Giuseppe Verdi.

Dobbiamo ovviamente chiarire, se vogliamo parlare in termini economici di «consumi culturali», cosa si intende per «cultura»; e non mi occuperò dell´«accezione antropologica» del termine (cultura come insieme di valori e comportamenti) per cui esiste una cultura del cannibalismo, una cultura mafiosa, o una cultura del velinismo berlusconiano. Parlerò di cultura nei termini più banali, come di produzione creativa (pittura e letteratura, musica e architettura), di consumo di questa produzione, di organizzazione dell´educazione (scuole di ogni grado) e di ricerca scientifica.

In termini economici il Louvre, il Metropolitan Museum of Art, la Harvard University (e tra poco quella di Pechino) sono imprese che fanno un sacco di soldi. Credo che, bene amministrati come sono, facciano un sacco di soldi anche i musei vaticani. Un sacco di soldi potrebbero fare anche gli Uffizi o Pompei, e sempre mi domando come mai l´Italia, di cui si dice che abbia circa il 50% delle opere d´arte esistenti al mondo (per non dire del paesaggio, che non è male), abbia meno indotto turistico della Francia o della Spagna, e naturalmente di New York. C´è qualcosa che non funziona, qualcuno che non sa come far soldi (e mangiare) con la cultura nazionale.

New York non è la città dove si fa la politica degli Stati Uniti (quella è Washington), non è la città o lo Stato dove risiedono le maggiori industrie della nazione (è niente rispetto al Texas o alla stessa California); eppure quando si parla degli Stati Uniti (e quando i turisti acquistano pacchetti per voli charter e sette giorni allo Hilton) si pensa a New York. Perché il prestigio di New York è dato dai suoi scrittori, dai suoi musei, dalla sua moda e dalla sua pubblicità, dai suoi quotidiani e riviste, dalla gente che va al Carnegie Hall o ai teatri off Broadway, per cui farà sempre più opinione nel mondo il New York Times che l´ottimo e rispettabilissimo Los Angeles Times. Si badi che così non la pensa la maggioranza degli americani, che ritengono New York una Babilonia fatta di italiani, ebrei e irlandesi, ma così pensa il resto del mondo e il prestigio degli Usa si basa sulla cultura newyorkese.

L´esercito degli Stati Uniti (sempre vincitore nei film di Hollywood) non sbaraglia il nemico in Vietnam, in Afghanistan, in Irak, ma gli Usa vincono (in prestigio ) a New York. Sì, lo so, poi c´è il resto dell´economia che tiene nei vari Stati, ma suppongo che anche quando l´economia cinese avrà sconfitto quella americana i cinesi si rivolgeranno ancora al mito di New York. Con la cultura gli Usa mangiano.

Pensi a cosa è successo con Cesare Battisti. Un manipolo di intellettuali francesi (non tutti dei più grandi) ha deciso di difendere Battisti come una vittima della dittatura, manifestando completa ignoranza delle cose italiane e considerando, come accade talora ai peggiori dei nostri cugini d´Oltralpe, il resto del mondo come repubbliche delle banane. Bene, questo esiguo manipolo d´intellettuali ha convinto il governo brasiliano là dove il governo italiano non c´è riuscito. Sarebbe accaduto lo stesso se al governo ci fossero stati, che so, Andreotti o Craxi? Non so, sta di fatto che il mito dell´intellighenzia francese ha vinto su quello della cultura delle veline (e mi spiace, per una volta tanto ero solidale col governo in carica perché rappresenta pur sempre il nostro paese e deve difendere, almeno all´estero, la dignità di quella magistratura che sputtana in patria).

Insomma, anche in termini monetari e di influenza politica (non calcolo neppure il peso di dieci premi Nobel), con la cultura si mangia. So benissimo che non abbiamo soldi per sostenere università come Harvard, musei come il MoMA o il Louvre, però basterebbe cercare, e ferocemente, di non buttare via il poco che abbiamo.

Certo che, se in quel poco non ci crediamo, abbiamo perso in partenza. Non si mangia con l´anoressia culturale.

La Repubblica 28.01.11

sabato 29 gennaio 2011

MUSICA


LA MUSICA...TESORO INESTIMABILE DI UNA CITTA'
Sarebbe superfluo ripercorrere tutto quello che la citta' di Trieste ha regalato in termini di cultura musicale (passando per grandi Sovrintendenti come Antonicelli o Direttori Artistici come il compianto barone De Banfield), essendo stata l' epicentro di quel sapore mitteleuropeo che intrecciava le proprie radici con la tradizione secolare italiana. Parlare di musica all'interno del capillare macrocosmo denominato politicamente “spettacolo” in ambito nazionale, e' necessariamente legato ai tagli governativi al FUS (Fondo Unitario Spettacolo), ma in questo come in altri casi della vita, dovrebbe far scattare l'istinto piu' primordiale di sopravvivenza trovando la chiave di volta per risollevarsi, sintetizzabile in un concetto-parola: creativita'.

Vediamo nello specifico alcuni aspetti, prima come accettazione di uno stato di fatto incontrovertibile, poi nella possibile soluzione al problema:

1) Stagioni teatrali esclusivamente monopolizzate da agenzie che inevitabilmente finiscono per speculare attraverso i proprio assistiti, incrementando il costo delle stesse.
SOLUZIONE: 1 o 2 produzioni annue con attori protagonisti (personaggi, regia, scenografi) scelti attraverso casting o concorsi ad hoc, generando cosi' vantaggi di due tipi: stimolo per giovani ambiziosi artisti e un risparmio sui costi considerevole

2) Spingere per co-produzioni con citta' d'arte vicine, per esempio con La Fenice di Venezia, ma gestendo in maniera piu' oculata la cadenza e il luogo delle stesse. Se ad oggi si parla, sempre ipoteticamente, fra aprile e maggio, 2 produzioni a Trieste con 8/9 repliche e 2 produzioni a Venezia con 8/9 repliche...
SOLUZIONE: 1 produzione con 8/9 repliche a Trieste e 1 produzione con 8/9 repliche a Venezia, scambiando poi le stesse produzioni in maniera vicendevole, con il vantaggio sin troppo evidente di pagare 1 produzione prolungata mettendo in cartellone 2!

Oltre a questo la creativita' non solo deve trovare la “cura” per alcuni mali, ma diventare propositiva implementando l' offerta attuale. Vediamo come:

1) Produrre annualmente 1 spettacolo con produzione autoctona, creando sempre concorsi dal fascinoso e ambito premio di diventare parte dell'opera, sia come attori, sia come registi o scenografi.
2) Ripristinare un sano senso di appartenenza, risollevare un moto d'orgoglio che faccia riassaporare al triestino il desiderio di avere a Trieste un teatro di straordinaria tradizione e storia. Questo come puo' essere veicolato nel modo piu' utile?
Prima di tutto incentivare collaborazioni con le TV locali, con programmi musicali fatti o partecipati da musicisti del teatro, operazioni di marketing che non devono avere il comun denominatore della spesa per la riuscita, bensi' l'originalita' del contenuto.
Poi istituendo la gratuita' delle prove generali, coivolgendo soprattutto le scuole, per far conoscere la musica classica in modo capillare..
Proponendo una domenica al mese (magari con orario 11.00-12.00, dopo la Santa Messa) concerti al prezzo simbolico di 2 euro, con programmi piu' popolari, coinvolgendo solisti della propria orchestra, accompagnati da slogan del tipo: “ascolta con orgoglio la musica della tua citta'”.
3) Caldeggiare una nuova era nei rapporti fra Societa' dei Concerti e Teatro Verdi, in modo da ottimizzare il dispendio di risorse economiche per i “grandi nomi”: se per esempio contrattare tramite Societa' dei Concerti un violinista di primo livello costa ipoteticamente 15.000,00 euro per un concerto, e se in un altro periodo il Teatro Verdi lo scrittura per 3 a 30.000,00 euro, e' plausibile ottenere un possibile “pacchetto” di 3 sinfonici e 1 recital al costo ipotetico di 35.000,00 totale.....il vantaggio e' chiaro!

La denuncia che spesso e' stata sollevata dagli addetti ai lavori nell'ultima gestione politica cittadina e' andata nella direzione di un'assoluta incomunicabilita' fra istituzioni e musicisti, un modus operandi che ha lasciato poco spazio alla voce di chi fa musica rispetto a chi inevitabilmente non sa della materia ma ha il coltello dalla parte del manico. Troppo spesso la decadenza in certi settori e' figlia di competenze latenti oltre che di mancanza di finanze, per cui l' imperativo e' di privilegiare il LATO ARTISTICO e quindi delegare a illuminati il delicato tesoro cittadino, perche'...

Per UN'ALTRA TRIESTE c'e' bisogno di ricordare che Trieste e' anche la sua cultura, la sua arte, e il suo Teatro e' la casa dove vivono e rivivono le grandi opere d'arte che il passato ci ha lasciato!

Raffaele Baldini

ORGOGLIO E IMPIANTI


ORGOGLIO GIULIANO E GESTIONE DELLE PALESTRE... LO SPORT RINASCE A TRIESTE!

Molti e il sottoscritto in prima fila hanno sempre sostenuto che la politica dovesse restare lontana dallo sport, quasi fosse un nocivo batterio che inficiasse il “corpore sano” e che lo costringesse a cedere a compromessi e interessi di parte. Necessariamente pero' lo sport ad alto livello necessita di risorse economiche importanti, e quasi sempre il veicolo per arrivare a convogliare “a giusto investimento” e' quello di passare attraverso la politica.
In che modo questo puo' essere attuato?
Principalmente con la progettualita' coinvolta, cioe' la politica deve convincere (nell'accezione piu' positiva del termine) l'imprenditorialita' locale ad investire nello sport triestino, evitando la semplicistica forma del bussare alle porte per chiedere soldi ma bensi' proponendo programmi ambiziosi e ben strutturati. Il binomio risorse cittadine-sport incrementa la sinergica volonta' di appartenere ad una macchina vincente, ponendo fine a meteore venute da fuori citta' che sposano qualsiasi progetto pur di avere un tornaconto di altro tipo. Allo stesso modo chi si prodiga per ingenti sforzi economici da destinare allo sport, DEVE pretendere, oltre che ai gia' citati programmi seri a lungo termine, anche competenze scientemente preposte a governare in maniera illuminata l' “architettura” sportiva imbastita.

Secondo punto chiave, che abbraccia in questo caso lo sport a qualsiasi livello, un CAPILLARE RECUPERO DI IMPIANTI SPORTIVI cittadini, lasciati in disuso e a marcire come una rovina. Se Trieste vanta il maggior numero di federazioni sportive, non puo' prescindere dal fatto che ognuna abbia una propria “casa” (e anche accogliente), e visto la mappa locale degli impianti, non si parla per forza di nuove edificazioni, ma semplicemente di restauro!
In altri casi la situazione e' ancora piu' paradossalmente gravosa, in cui la presenza di impianti funzionali allo scopo, rimangono deserti per logiche di altro tipo, ammassando quindi in poche fatiscenti palestre (alcune neanche allineate ai regolamenti vigenti) decine di societa', fra l'altro spesso pagando importanti quote annuali.

La politica non deve supportare le societa' solo nelle conviviali situazioni come anniversari o commemorazioni, bensi' soprattutto nel garantire il piu' lineare svolgimento delle attivita', nel rispetto degli iscritti e dello sport stesso!

Raffaele Baldini

venerdì 21 gennaio 2011

GALLERIA VIA D'ALVIANO-LARGO MIONI

lettera a "Il Piccolo" sulla Galleria D' Alviano-Largo Mioni

Era l’anno 1992 ed erano in corso le proposte per il nuovo Piano Regolatore.

Il nostro gruppo di lavoro proponeva la succitata galleria in variante a quella già prevista che sboccava in piazza Foraggi; variante presentata all’Università di Trieste, alla presenza del Rettore Magnifico ing. Borruso e dell’ architetto Portoghesi (il “Piccolo” 01 agosto 1993), approvata e inserita nel nuovo P.R.G.C.

Nell’anno 2000, con nostra grande soddisfazione, il Comune presentava il progetto completo della nuova galleria.

Passano (more solito) anni di silenzio, poi nel 2007, sempre sul “Piccolo”, si accodavano favorevolmente diversi professionisti, assessori, stimatori e con un solo “contrario” (il tutto documentabile).

E, logicamente anche noi (05 settembre 2007), siamo intervenuti riepilogando il nostro iter. Di nuovo silenzio. Ora, nel 2010, ci permettiamo di tornare sul argomento: da tempo (anni) si parla dell’opera di risanamento della Galleria Sandrinelli, ma il tempo passa ed è probabile che tale ritardo sia dovuto alla preoccupazione, legittima e giustificata, che l’intervento in quella zona procurerebbe notevoli disagi alla circolazione veicolare per un tempo, difficilmente valutabile, ma non certo breve.

Sarebbe allora il caso di prendere in considerazione la “riesumazione” della vecchia soluzione via D’Alviano – Largo Mioni, anticipandola rispetto alla ristrutturazione della succitata Galleria Sandrinelli; il fattore costi, ovviamente differenti, sarebbe solamente invertito nella successione cronologica. In tale eventualità, e a tempo debito, sentiamo di voler proporre che la nuova galleria venisse intitolata al nome dell’ing. Ondina Barduzzi, per onorarne la memoria, in quanto è stata proprio Lei a perfezionare il progetto iniziale, poi presentato e relazionato alla presenza delle autorità e al pubblico in una sala della Stazione Marittima (anno 2000).

Con profonda stima.

Per il gruppo di lavoro

geom. Orfeo Blasi e arch. Raffaele Baldini