sabato 12 marzo 2011

MUSEO UNICO PER SVEVO,JOYCE,SABA?


In una città come Trieste influenzata da mille culture, da gente di passaggio e da paternità culturali non chiare, si può a ben d’onde sostanziare tre colonne portanti della letteratura contemporanea rispondenti ai nomi di Italo Svevo (pseudonimo di Aaron Hector Schmitz 1861-1928), James Joyce (1882-1941) e Umberto Saba (pseudonimo di Umberto Poli 1883-1957), che hanno dato lustro alla città di Trieste.

Cosa ne rimane come memoria storica?
Forse la pagina più sbiadita e scarna è dedicata all’ “irlandese più triestino d’Europa”, cioè James Joyce, un intellettuale capace di innamorarsi della nostra città ma anche di viverla negli aspetti più caratteristici; la sua memoria ad oggi è presente in un filmato video e nulla più, un frammento disperso nella marea di testimonianze mai fermate nell’incedere del tempo. Così come Umberto Saba, ricordato nella sua libreria antiquaria (ora di Mario Cerne) archivio di diverse opere del poeta-scrittore, e Italo Svevo, unico dei tre ad avere una sede consona dal punto di vista spaziale (Via Madonna del Mare) ma non certamente dal fascino indiscusso della prima sede, quella inaugurata nel 1997 nel secondo piano della Biblioteca Civica di Piazza Hortis.

Posto che questi grandi autori rimarranno nella memoria grazie ai capolavori trasmessi a generazioni a venire, non sarebbe giunto il momento di unirli in un unico grande museo, evitando la dispersività nel territorio della città di Trieste?
Anche dal punto di vista turistico, il fatto di poter focalizzare in un luogo unico tre “mostri sacri” di questa caratura, porterebbe un indotto in termini di presenze notevole, nonché una ottimizzazione gestionale del museo.

Quale sito più adatto?
Ci sono diversi luoghi a Trieste che necessitano di ristrutturazione, poco tempo fa si era anche deciso da parte del Comune di Trieste di dare una destinazione alla chiesa sconsacrata dei Santi Sebastiano e Rocco in Cavana con finalità pubbliche, come volontà della contessa Margherita Nugent, prima però che l’edificio venga venduto alla Chiesa. Ora, non sarebbe neanche una soluzione balzana riproporre questo sito come abbinamento magari fra arte sacra e letteratura.
Non sarà certo l’ “involucro” a fermare un’idea, forse più che un’idea un dovere etico e morale per ridare giusti meriti a chi ha reso grande la città di Trieste con le proprie opere.

Raffaele Baldini

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